
<Adesso è tardi. Tardi per venire via. Tardi per raccontarmi altre balle. Tardi per le domande e per le risposte.>[1]
L’Inverno è una stagione strana, dura esattamente come tutte le altre ma sembra più lungo, sarà per il freddo, perché si accumulano tanti impegni, perché le giornate sono corte e si rischia di uscire di casa col buio e rientrare col buio.
Il cielo è cupo, grigio-blu, le strade sono trafficate, i parchi vuoti se non per qualche persona più sfortunata che non ha altro posto in cui andare[2].
C’è un momento però in cui tutto sparisce, tutto sembra attutito e bellissimo, quasi magico: quando nevica.
A Roma non capita spesso, e quelle rare occasioni in cui è caduta purtroppo è stato un gran guaio perché la città si è paralizzata.
Ma quando capita è uno spettacolo straordinario, un esempio di quanto la natura sia sorprendente.
In
meteorologia la neve è una configurazione di precipitazione atmosferica nella forma di acqua ghiacciata cristallina, formata da una moltitudine di minuscoli cristalli di ghiaccio, tutti aventi di base una simmetria esagonale e spesso anche una geometria frattale, ma ognuno di tipo diverso e spesso aggregati tra loro in maniera casuale a formare fiocchi di neve[3].
Cristalli di ghiaccio. Ecco cos’è la neve. Eppure ha la capacità di addolcire tutto ciò che circonda, di riscaldare i cuori, di dare un senso di pace.
<<[..]copre antenne e furgoni
gli ospedali e gli incroci
desideri e intenzioni
e fanali che fanno già meno luce
io ti guardo negli occhi
hai le ciglia bagnate
e prometti di tutto
e nevica ancora da togliere il fiato>>[4]
Ligabue[5] deve amare la neve quanto me, visto che le ha dedicato un libro, una canzone e una graphic novel, tutte sotto il titolo “La neve se ne frega”.
Il romanzo è emozionante, poetico, nonostante sia scritto come un racconto diretto, quasi colloquiale.
<Grazie per la neve che sta scendendo. Mi è sempre piaciuta, ma adesso mi sembra proprio puntuale. Tempestiva. Porta pulizia. Porta bianco. Costringe all’attenzione. Ai tempi lunghi. Lima rumori e colori. Lima le bave dei sensi. Ce n’è bisogno. Ancora per un po’.> [6]
Ci troviamo in un futuro immaginario nel quale il senso della vita è capovolto: si nasce artificialmente vecchi e si muore neonati. Tutta la vita è programmata dal Piano Vidor, che decide cosa si deve mangiare, quali sono gli svaghi, assegna i lavori e gli accoppiamenti. Nonostante siano stati messi insieme da delle macchine, l’amore dei protagonisti è reale, l’affiatamento tra loro è davvero intenso e viene sconvolto solo da “uno squilibrio ormonale” di lei che…. Eh no, dovete leggervelo se volete saperlo!
<Ridiamo come le montagne non appena gli voltiamo le spalle, ogni volta che sono sicure che nessuno le veda. Come il mare che si ostinano a chiamare furioso mentre le tempeste non sono che i suoi sghignazzi. Come le nuvole che se piangono pioggia è solo per il gran ridere. Come il vento che non fa che sganasciarsi e soffia soltanto perché deve riposare il respiro. Ridiamo come il cielo che deve avere tutti i motivi per ridere di noi ma anche con noi. Ridiamo come non potranno mai fare gli animali che non sanno cosa si perdono. Ridiamo come solo i più fortunati riescono a fare. Ridiamo di cuore.>[7]
Inutile dire che consiglio di leggerlo con la musica di Ligabue come sottofondo, in una piazza o un parco, mentre la neve cade addosso.
Ma non volendo gelare né tornare a casa con un’influenza, andrà bene anche un pub, un locale in cui prendere una bevanda calda come il vin brulé[8] e leggere accanto alla finestra, mentre reale o immaginaria, la neve ci avvolge.
Bellissimo, molto profondo e allo stesso tempo divertente
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L’ha ribloggato su Thr0ugh The Mirr0re ha commentato:
A Roma, in questi giorni di luglio, l’emergenza è il caldo e l’immondizia, altro che neve…
la verità è che quando fa freddo ci lamentiamo e quando fa caldo ci lamentiamo
non siamo mai contenti, forse dovremmo solo imparare a vivere meglio il momento
<>
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