Dieci poveri negretti
Se ne andarono a mangiar:
uno fece indigestione,
solo nove ne restar.[1]
Qualcuno ne sono sicura storcerà il naso perché ho messo un giallo[2] fra i grandi classici della letteratura! Ma è ora che i puristi aprano gli occhi e si rendano conto che se è il genere più letto al mondo ci sarà un motivo, e che se non ritengono i contemporanei all’altezza devono ammettere che questo piccolo capolavoro della Christie non solo non ha nulla da invidiare agli odierni thriller e gialli, anzi semmai dovrebbe essere preso da esempio perché nella sua semplicità e continua suspense è veramente un libro ipnotico e splendido, ma è di fatto un classico vista la vastità di rifacimenti, riproposizioni, riedizioni e citazioni!
Nove poveri negretti
Fino a notte alta vegliar:
uno cadde addormentato,
otto soli ne restar. [3]
Dieci piccoli indiani[4] a mio parere si è meritato il posto nella classifica dei “libri da leggere almeno una volta nella vita[5]” e se ai classicisti non sta bene, peggio per loro.
La prima volta che mi sono approcciata a questo testo è stato con un riadattamento teatrale, e ne sono rimasta catturata, affascinata, stregata a tal punto da essermi andata a cercare ogni forma televisiva, e solo alla fine mi sono convinta a leggerlo nella sua forma originale.
Questo è un processo inusuale per me, ma è stato necessario perché ero ancora piuttosto giovane e lo stile di scrittura della Christie all’epoca era per me un po’ ostico, con i continui cambi di punto di vista, infatti fin dal viaggio verso Sticklehaven e Indian Island, narrato nel primo capitolo, si passa da un personaggio all’altro analizzandone i pensieri e le riflessioni.
Otto poveri negretti
Se ne vanno a passeggiar:
uno, ahimè,è rimasto indietro,
solo sette ne restar.[6]
Tutti i personaggi hanno qualcosa da nascondere e tutti si sentono ugualmente colpevoli e innocenti al tempo stesso anche nei loro stessi pensieri. Quindi entrare nelle loro menti aumenta la suspense.
Solo quando sono maturata e ho acquisito un bagaglio culturale un po’ più ampio mi sono sentita pronta per leggerlo senza più i filtri delle immagini (teatrali o cinematografiche). Come sempre, la versione originale è la migliore! Mi sono completamente immersa nel gioco perverso predetto dalla filastrocca, e nonostante sapessi già la sequenza delle morti e la risoluzione, mi sono ritrovata catturata dalla narrazione. Fra l’altro sono anche rimasta spiazzata perché il finale del romanzo è diverso da quello teatrale e di alcune delle trasposizioni più famose. Quindi ho avuto comunque il mio “colpo di scena”.
Sette poveri negretti
legna andarono a spaccar:
un di lor s’infranse a mezzo,
e sei soli ne restar.
I sei poveri negretti
giocan con un alvear:
da una vespa uno fu punto,
solo cinque ne restar. [7]
Il leitmotiv della filastrocca[8] – costituita da una serie di indovinelli che profetizza, enigmaticamente, il modo in cui verranno uccisi tutti gli ospiti – è ossessionante e quando si ripone il libro sul comodino per rilassarsi o se si interrompe la lettura per riprendere la propria quotidianità continua a riecheggiare nella testa.
Cinque poveri negretti
un giudizio han da sbrigar:
un lo ferma il tribunale
quattro soli ne restar.[9]
Nessuno può fidarsi di nessuno, tutti sospettano di tutti: l’unica sicurezza rimasta è la morte, ma non si sa esattamente né quando né in che modo arriverà. Ciascuno dei dieci ha commesso in passato, qualcosa che ha provocato la morte di un’altra persona. I sensi di colpa saranno diversi per ciascuno dei personaggi. Ognuno valuterà in maniera autonoma il proprio scheletro nell’armadio. Questa è la parte che mi è piaciuta di più, l’autonomia di ogni singola storia e allo stesso tempo la necessità di collegarle tutte.
Dieci piccoli indiani è un magistrale esempio di “enigma a camera chiusa”, la fine, la risoluzione di tutto, non è affatto scontata, e il lettore più volte nel corso dell’opera si trova a dover dirottare i suoi sospetti su un altro dei personaggi.
Quattro poveri negretti
salpan verso l’alto mar:
uno un granchio se lo prende,
e tre soli ne restar. [10]
Perché fra tutti i libri della Christie ho scelto questo come rappresentante? Perché nelle storie di Miss Marple e Poirot qualcuno è lì per scoprire il segreto, e questo ti dà un senso di fiducia e sostegno, consentendo di prevedere che cosa sta per accadere… In questo libro neanche uno ti viene a salvare, assolutamente nessuno giunge per aiutarti o spiegare il mistero, invece in questo giallo si percepisce quel senso di afflizione e si inizia a fare i conti con il dubbio che debba avvenire qualcosa di poco piacevole.
I tre poveri negretti
allo zoo vollero andar:
uno l’orso ne abbrancò,
e due soli ne restar.[11]
Consiglio sinceramente questo libro a chiunque, poiché anche le persone che non amano i gialli potranno certamente godere della bravura con cui la Christie contrassegna i personaggi e le scenografie, creando uno spettacolo unico ed impareggiabile.
Vi verrà da chiedervi chi dei dieci ospiti sarà il prossimo ad essere depennato dalla lista, come e perché, finché non arriverete alla pagina finale non riuscirete a smettere di leggere, e sono sicura che vi verrà una voglia matta di vederne le trasposizioni televisive e/o teatrali!!!
I due poveri negretti
stanno al sole per un po’:
un si fuse come cera
e uno solo ne restò. [12]
Alla fine, tutto va come era scritto che andasse. Il mistero sarà risolto in modo davvero insolito, così come insolita è stata l’intera vicenda. Ma un dubbio rimane: è stata fatta veramente giustizia?
Solo, il povero negretto
in un bosco se ne andò:
a un pino s’impiccò,
e nessuno ne restò. [13]
Dieci piccoli indiani non è solo un classico, non è solo un ottimo romanzo, ma è un prodotto che crea dipendenza, e per fortuna ce ne sono sempre nuove, brillanti, versioni….

Un pensiero riguardo “I Classici: “Dieci Piccoli Indiani””