«Chi ha iniziato a morire non smette mai di farlo»[1]
Quando si regala un libro bisogna stare molto attenti. Si entra nel profondo della persona a cui vogliamo regalarlo, si va a dirle “io ti conosco, so che ti piacerà perché…”, e allo stesso tempo sveliamo un po’ di noi. Dalla scelta, dalla dedica, dal confezionamento. È un lungo scambio di emozioni silenziose.
So che molti regalano libri per sentito dire, o di moda, o che ricordandosi della figlia della cugina del vicino di casa all’ultimo secondo entrano in libreria e prendono quello con la copertina più accattivante, il prezzo migliore o entrambe le cose.
Ma chi regala un libro intenzionalmente, sta costruendo un ponte, un patto di fiducia. Perciò tendo a regalare solo romanzi che ho letto e che davvero mi hanno fatto pensare a quella persona alla quale decido di donarlo. A meno che non sia una richiesta diretta, ovvio.
Quando ho letto Emmaus di Alessandro Baricco, ho pensato alla mia amica A. Tanto, tantissimo. Eppure ci ho messo tre anni a decidermi a comprarle una copia. Perché le emozioni che vengono descritte in questo libro di 136 pagine sono immense e indescrivibili per chi quel dolore, quella sopraffazione, quello stupore, li ha vissuti sul serio.
Io e A. abbiamo vissuto esperienze molto molto brutte, seppure diversissime. E spesso l’ho ammirata per la sua forza ad affrontare il dolore.
«Siamo pieni di parole di cui non ci hanno insegnato il vero significato, e una è la parola dolore. Un’altra è la parola morte. »[2]
Però un conto è pensarlo, un conto è dirglielo attraverso un libro. Il modo di scrivere di Baricco è doloroso, scritto benissimo, con frasi che colpiscono al cuore, che riconosciamo e in cui ci riconosciamo, potrebbero essere nostre. Anzi. Lo sono. I personaggi si specchiano facilmente nei volti dei nostri conoscenti. E ci poniamo le stesse domande dei protagonisti, e dei fedeli del Vangelo da cui è preso il titolo:
Com’è possibile che non riconosciamo e comprendiamo davvero le persone che abbiamo intorno? Mangiano con noi, vivono con noi, eppure non li riconosciamo.
«Io e lei abbiamo un gioco segreto – ci scriviamo di nascosto da noi stessi. Parallelamente a quello che diciamo e viviamo insieme, ci scriviamo, come se fossimo noi due, ma una seconda volta. Di quel che scriviamo in quelle lettere – bigliettini – non parliamo mai. È lì che ci diciamo, tuttavia, le cose vere. »[3]
Questo romanzo è per chi ha nell’anima un vuoto incolmabile che con il tempo, le esperienze, l’affetto, la grande forza d’animo, sta riempiendo. Un po’. Mai del tutto.
È per chi non si spaventa di fronte alle emozioni forti, alla scrittura diretta e allo stesso tempo poetica di Baricco.
È per i peccatori, per gli arrabbiati, per i tristi. Per chi ha voglia di riscatto. Di riprendersi qualcosa che la vita gli ha tolto troppo presto.
È per chi vuole tornare a vedere la luce. Quella brillante. Per chi vuole sentire il calore del sole sulla pelle, e pensare che a volte, basta anche questo per stare meglio.
Libro sublime.
E sono d’accordo che quando si regala un libro bisogna sceglierlo con cura!
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